Finalmente entro a Central Park di New York
Sono cinque ore che corro ininterrottamente. La fatica e la stanchezza iniziano a farsi sentire sempre di più, ma poi eccoli! Lì in fondo inizio a intravedere la mia piccola tifoseria, proprio sulla curva, niente ha più importanza. Volevo solo fermarmi, abbracciare forte la mia famiglia e godermi il riposo tanto atteso, ma non era possibile avevo fatto una promessa a me stesso e dovevo onorarla. Il mio fisico mi aveva tradito e ora era arrivato il momento di prendermi la mia personale rivincita.
Appena un anno prima avevo scoperto di avere un cancro. Un fulmine a ciel sereno che aveva colpito me e la mia famiglia, in quel giorno di fine ottobre del 2007. Ancora mi ricordo le facce spaventate dei piccoli Pietro e Corrado. Nessuno si sarebbe mai aspettato una cosa del genere. Io, amante dello sport, ero stato tradito proprio dal mio corpo, lo stesso che fin da piccolo mi aveva regalato grandi soddisfazioni sportive: dal calcio, allo sci, alla subacquea, la corsa, per finire all’ arrampicata su roccia.
Inutile dire che la notizia mi aveva scioccato e spaventato, oltretutto avevamo appena comprato i biglietti per il nostro primo viaggio negli Stati Uniti, il sogno di mia moglie fin da quando era piccola.
Il 22 novembre mi sono operato; poco dopo avrei iniziato la chemioterapia. Decidemmo di non negarci il nostro piccolo sogno e di volare ugualmente negli USA. Fu così che il 30 Dicembre 2007 partimmo da Pisa con direzione San Francisco. Il viaggio durò 15 giorni, durante i quali ebbi l’occasione di vivere dei fantastici momenti. Sembrava quasi che tutte le brutte notizie degli ultimi mesi fossero state cancellate e che si fosse tutto sistemato per magia, ma in cuor nostro sapevamo che non era così, che la parte più difficile per raggiungere la mia completa guarigione era una strada ancora lunga.
San Francisco, Los Angeles, Las Vegas e New York, tutto volò in un attimo. Un giorno nella metropolitana di New York, si siede accanto a me un signore ( aveva capito che ero italiano). L’uomo inizia a raccontarmi delle sue origini italiane e della Maratona di New York, di cosa significa per i corridori e per i cittadini.
Proprio nel momento in cui stavo per fargli delle domande, la metro si ferma, dobbiamo scendere, e io rimango con diversi interrogativi ma con un’idea in testa che prende sempre più forma. Nei giorni successivi girovagando per Central Park inizio a convincermi sempre di più:
IO AVREI CORSO LA MARATONA DI NEW YORK.
Così ripartimmo, con tanti bei ricordi, con la paura per quello che poteva succedere una volta arrivati ma con anche una promessa fatta, quella di tornare a Novembre 2008 per correre la maratona più bella: La NYC Marathon.
Tornato a casa ho iniziato subito il mio allenamento portando avanti anche la mia personale lotta contro quel male che mi aveva colpito. I giorni durante i quali mi sottoponevo alla chemio era molto difficile riuscire a fare un buon allenamento, ma ci provavo lo stesso. Il mio morale e il mio umore spesso non erano dei migliori ma per fortuna avevo una moglie fantastica che stava portando avanti il lavoro e contemporaneamente spiegava ai ragazzi quello che stava succedendo. Grazie a lei, Pietro e Corrado sono sempre riusciti a strapparmi un sorriso anche nei momenti più difficili. Finalmente, a fine aprile finti i cicli di chemioterapia e sono potuto tornare a concentrarmi sugli allenamenti e sul lavoro a tempo pieno
Luglio 2008.
Nel nostro agriturismo arriva un’ amica olandese che aveva già corso diverse maratone, le racconto tutta la mia storia, lei emozionata e decide di allenarmi. Così durante il suo intero soggiorno, mi sono alzato alle sei per andare a correre con lei. Mi lascia con un programma di allenamento personalizzato che mi accompagna fino al giorno della corsa e con l’impegno che ogni settimana ci saremmo sentiti per tutti gli aggiornamenti.
Eccoci qua!
2 novembre 2008, il momento che da un anno attendevo e pregustavo.
Sono sul ponte di Verrazzano.
La vista dello skyline di Manhattan alle 6.00 di mattina non ha prezzo, ma io non sono qui per fare le fotografie avevo una sola cosa in testa: Riscattarmi.
Inizia la corsa, comincio a pensare a tutti gli sforzi che io e la mia famiglia abbiamo fatto, e passo dopo passo, supportato dall’energia degli spettatori, percorro quei 42,195 km fino al traguardo. Inutile dire che ci sono stati momenti in cui ho pensato di cedere e fermarmi, ma le mie motivazioni sono riuscite sempre a farmi fare quei dieci passi in più per non mollare. Ovviamente sono stato in contatto con la mia tifoseria tutto il tempo, con il cellulare o con il GPS che tracciava tutto il mio tragitto.
Quando parlo di tifoseria intendo la mia famiglia: mia moglie Silvia, i miei due figli Pietro e Corrado e la famiglia di mia sorella Cecilia, con suo marito Massimo e i figli Ugo ed Emma.
Le persone che durante quell’ anno travagliato mi avevano aiutato e supportato.
Finalmente Central Park.
La mia piccola tifoseria è sulla curva ad incitarmi, io mi fermo giusto il tempo di qualche scatto e un veloce saluto, poi riparto.
Ora sono molto più sollevato, finalmente li ho rivisti mi sembra di non sentire più neanche la fatica, mi sembra di volare, non mi fermo, non ora.
Così è stato!! Finalmente ho potuto urlare “I’M A FINISHER!” Oltrepasso il tanto sognato traguardo, quello che nelle ultime cinque ore mi ha tormentato e che ho tanto desiderato. Appena uscito incontro tutta la mia famiglia e ci abbracciamo forte. Vedo la felicità e l’orgoglio negli occhi di Pietro e Corrado. Nei giorni successivi ho ripensato mille volte a quei secondi in cui ho varcato il traguardo; l’avevo attraversato mille volte nei giorni precedenti, immaginandomi come potesse essere. Tutt’oggi non so descrivere la gioia e la soddisfazione di averlo vissuto.
Il mio corpo mi aveva tradito, ma io avevo vinto, mi ero riscattato.
Ero di nuovo padrone di me stesso.